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Intervista a Rodolfo Dordoni

Architetto e designer

“Per me il tappeto è il connettore di momenti di vita e di un arredo, il legante tra i diversi soggetti – arredi, complementi, ma anche persone – che lo abitano. (…) Amo e conosco l’arte contemporanea, ma ho la coscienza di non essere un artista. Creare un tappeto è quindi per me il momento in cui sono probabilmente più vicino al mondo dell’arte…”

Cos’è per Rodolfo Dordoni il tappeto?
È il connettore di momenti di vita e di un arredo. Il tappeto per me è il legame e il legante tra i diversi soggetti – arredi, complementi, ma anche persone – che lo abitano.

Cosa significa per lei creare un tappeto?
Devo fare una premessa: ho fatto il liceo artistico, so disegnare molto bene, a mano libera, ma sono cosciente di non essere capace di fare un’opera che parte dalla manualità, ma da un’interiorità che a me manca. Amo e conosco l’arte contemporanea, ma ho la coscienza di non essere un artista. Creare un tappeto è quindi per me il momento in cui sono probabilmente più vicino al mondo dell’arte, anche se poi io privilegio un ragionamento che va più verso l’artigianalità o la riproducibilità. Fare un tappeto è l’espressione più artistica del mio lavoro.

Shade, Perspective, Grid Berber e Grid Kilim: come nascono queste nuove collezioni?
La mia forma mentis è improntata a una grande razionalità e tutto ciò che è geometrico ha una forte influenza su di me. Fin dall’inizio ho voluto dunque essere molto chiaro con il mio disegno, e per questo ho evitato astrattismi trasversali o disinterpretazioni, perché occupandomi di progettazione tridimensionale dovevo fare si che l’idea di base non venisse alterata nel cambio di dimensione, cioè nella sua trasposizione sul foglio bidimensionale.
Il senso di prospettiva e di profondità della serie Shade è suggerito dai colori che sfumano, si accentuano e cambiano, creando dei giochi geometrici. Anche i Perspective sono una riflessione sulla geometria, ma la tridimensionalità è nel loro caso più morbida: ho voluto rendere la forma tipica delle fasce che si intrecciano come fosse un moto ondoso. Se il lavoro per Shade e Perspective è stato soprattutto pittorico, quello per Grid Berber e Grid Kilim è stato più manuale, quello su cui ho lavorato di più. Ho iniziato con un disegno, una geometria quasi infantile in cui la lettura della materia, cioè il tipico spessore del tappeto tradizionale berbero, è volutamente più rudimentale, spontanea. Ho lavorato sugli elementi fondamentali del tappeto berbero, il vello e i decori, che ho ricomposto, esagerando il discorso della geometria, modificando le profondità del tratto, intervenendo con accenti di colore per dare una profondità grafica diversa rispetto agli altri.

 

 

Shade, con i colori uno sull’altro, è certamente legato all’arte e ha una mano più “secca”.

RD Shade, green, dettaglio

Come sono state scelte le tramature e i materiali?
Ho suggerito di studiare tre differenti tipologie di tessitura per sottolineare le caratteristiche di ogni collezione, le varie origini culturali dei tappeti. La percezione tattile oltre che visiva è dunque un ulteriore fattore su cui si è lavorato. Shade, con i colori uno sull’altro, è certamente legato all’arte e ha una mano più “secca”; le sfumature di Perspective ricordano certi velluti Art Déco, rimandano al mondo della decorazione di interni e per questo si è scelto di giocare su maggiore morbidezza. Grid Berber e Grid Kilim sono totalmente legati al mondo dell’artigianalità, con una importante trimensionalità del disegno data dalla lunghezza e consistenza del vello.

Come immagina le case di chi sceglierà questi tappeti?
Chi sceglie Shade o Perspective è certamente un consumatore coraggioso, forse un po’ capriccioso. Sicuramente non sono tappeti facili, vanno capiti. Li immagino in case dove tutto è scelto con cura estrema. I Grid sono invece più classici, trasversali, chi li sceglie abita in una casa contemporanea. Sarà comunque interessante vedere le reazioni a queste collezioni.

Come si lavora con un’azienda come Amini?
Mi sono subito sentito a mio agio perché ho trovato persone aperte e pronte a risolvere ogni problema. Insomma, una grande pacatezza: è stato questo l’elemento che ha dato la possibilità a questi disegni, invece così poco pacati, di essere ascoltati e capiti. Non è la prima volta che disegno tappeti, ma ho avuto interlocutori che hanno spesso trattato il soggetto tappeto come semplice decorazione. Con Amini c’è stata invece una vera ricerca.

Come saranno i tappeti del futuro?
Senza dubbio volanti! Con tutti questi droni mi aspetto che anche i tappeti di domani torneranno a volare.

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